La gioventù alla quale non voglio appartenere

«Chiediamo giustizia, non vendetta». A parlare, fuori dalla camera mortuaria allestita al Policlinico di Tor Vergata a Roma, è il fratello di Emanuele Morganti, il ventenne pestato a morte ad Alatri, in provincia di Frosinone. «Mio fratello era un angelo ed è inspiegabile come l’hanno ridotto». Ma vediamo come la fidanzata Ketty, rivivendo l’orrore di quella sera, racconta ciò che è successo. «Era tornato dal lavoro, aveva fatto la doccia ed eravamo andati in discoteca. Volevamo solo passare un venerdì sera con la musica e gli amici». Racconta che lo hanno massacrato di botte fuori da un locale la notte tra venerdì e sabato. L’agguato sarebbe scaturito da una lite degenerata in una maxi rissa. Tutto è nato per difenderla dagli apprezzamenti eccessivi di un coetaneo albanese o, forse, perché a quest’ultimo Emanuele aveva inavvertitamente preso il drink.

Futili motivi, insomma. Ma, come hanno raccontato i testimoni, è bastato perché una ventina di persone in tutto, si infiammasse: lo hanno atteso e circondato, quindi colpito a calci e pugni e, infine, il colpo di grazia dato con un cric. “I troppi colpi, violentissimi – si legge sul Corriere della Sera – hanno devastato la testa e il volto del ventenne, provocato fratture craniche e cervicali, al punto da renderlo quasi irriconoscibile. Tanto da far pensare a qualche suo amico intervenuto dopo l’aggressione che in realtà il giovane fosse stato travolto da un’auto”.

Dove siamo finiti? E’ possibile che un ragazzo non possa neanche prendere le difese della propria fidanzata, in caso di apprezzamenti troppo spinti, e debba stare attento a non finire per terra in mezzo ad una strada in centro città con il cranio devastato? Ciò che mi innervosisce maggiormente è la meschinità di questi aggressori: venti contro uno. Non riesco a trovare le parole giuste per descrivere il ribrezzo che mi fanno provare questi animali. Sì, animali, non c’è altro sostantivo per descrivere chi è capace di un’azione del genere.

http://m.ilgiornale.it/news/2017/03/27/alatri-emanuele-ucciso-a-colpi-di-cric-il-corpo-trascinato-come-un-tro/1379531/

«no voy a permitir que el tiempo me elimine los recuerdos que me hablan de tí»

Milán, a 31 de enero de 2017

Querido hijo:

te escribo porque hoy he participado a un encuentro sobre el tema de las madres de Plaza de Mayo. Me he parado un rato a pensar y me he dado cuenta de que «lo importante es no olvidar».

La persona que hemos escuchado es Vera Vigevani. Ella nació en Italia en una familia judía que en 1938 se trasladó a Argentina, dado que se habían hemanado las leyes raciales. De su familia sólo su abuelo quiso quedarse en Italia y finalmente acabó siendo deportado a Auschwitz. Lo trágico de su historia empezó con el comienzo de la dictadura en Argentina en 1976, resultado del golpe de estado de Jorge Videla. Con la llegada de la dictadura empezaron las persecuciones, la violencia e incluso las desapariciones de personas.

Vera Vigevani es una persona memorable (digo memorable porque creo que “famosa” no refleja del todo el significado apropiado) porque empezó una lucha silenciosa contra la dictadura. Su hija franca había sido secuestrada por los militares y desapareció. Punto, nada más. Sus familiares no supieron nada de ella hasta que se enteraron 20 años después de que Franca había sido víctima de la de los fatídicos vuelos de la muerte. 

Desde aquel momento Vera ha empezado su protesta participando los jueves a las caminatas silenciosas por la Plaza de Mayo y sigue siendo parte del grupo de las madres. Mientras ella hablaba pude percibir en la voz su cambio emocional debido a lo de lo que estaba hablando: es decir que al comienzo su voz era débil, vacía, como si le hubieran robado parte de su alma. Todo esto lo percibí mientras ella estaba hablando de los momentos anteriores a la desaparición de Franca; también sentí un toque de melancolía en su voz. Cuando, por lo contrario, habló de su “rescate”, su voz ya no era débil, más bien, fuerte, se sentía su plena implicación en la oposición a esos acontecimientos. Este encuentro me hizo reflexionar sobre el tema y he entendido que probablemente yo no me portaría así. No por cobardía, sino por debilidad: ella luchó para que las autoridades le dijieran dónde estaba y cómo estaba su hija. Creo que esta lucha fue la manera con la que Vera Vigevani desarrolló su pérdida y, en parte, la supero. Por lo contrario yo no sería nisiquiera capaz de desarrollar así una pérdida.

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Lo único de lo que sería capaz a sería extrañar todas las veces en las que tuvimos broncas, en las que nos ha dijimos «te quiero». Si te quitan un hijo, te quitan toda el alma, esto es lo que pienso, por esta razón no sería tan fuerte como ella. «Lo importante es no olvidar» esta frase nos la dijo muchas veces. Opino que tiene dos significados, muy válidos los dos: el primero es que no debemos olvidarnos de todo lo que pasó a los argentinos de que ellos años; creo, sin embargo, que no debemos olvidarnos tampoco de nuestros seres queridos, la mayor parte de nuestras vidas. Como ella nos dejará ofuscar la memoria por el pase del tiempo, yo no voy a permitir que el tiempo me elimine los recuerdos que me hablan de tí, la persona más importante y que da un significado a mi vida.

Con cariño y amor

tu madre

«Il volontario e, in estreme conseguenze, necessario processo di conoscimento reciproco dell’altro»

«Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima». Ecco la definizione di ciò che ci può influenzare per tutta una vita: l’amicizia. Molto, forse anche troppo, sottovalutata. Penso che anche questa definizione che il Treccani ci offre sia troppo poco esaustiva. Il vero rapporto di amicizia tra due persone è qualcosa che va molto più in profondità di ciò che crediamo. Ci vogliono un’importante, e talvolta faticoso, processo di introspezione accompagnato da uno studio molto attento e minuzioso della persona alla quale siamo, probabilmente, inconsciamente legati. Sul processo di introspezione ci sono fiumi e fiumi di saggi, studi, tesi che ancora oggi non sono in grado di esplicitare al meglio questo processo che, credo, si possa instaurare in modo del tutto naturale. Il processo di conoscimento profondo «dell’altro» è una collaborazione tra due coscienze. Forse è proprio questo che può definirsi come amicizia: il volontario e, in estreme conseguenze, necessario processo di conoscimento reciproco dell’altro, affinché si raggiunga quel momento in cui si ha la capacità di poter affermare di conoscere un amico. Paradossalmente credo che tutto ciò sia possibile solo in parte; come molti psicologi e psicoanalisti ci fecero e fanno notare neppure noi stessi siamo capaci di conoscerci fino in fondo; eppure tutto ciò ci porta al continuo desiderio di voler essere capaci di conoscere una persona a tal punto da definirla amica. Bisogna tener presente che questo desiderio non è avvertito verso tutte le persone, ma solo verso alcune: inizialmente credevo che ciò fosse dovuto semplicemente all’«abitudine» di passare del tempo con una persona piuttosto che con un’altra; dopo aver studiato il filosofo,che forse ha rivoluzionato in modo ineguagliabile tutto il sistema filosofico, ho decisamente e consciamente cambiato opinione. Penso che ci sentiamo più inclini nell’instaurare un’amicizia con una persona piuttosto che con un’altra poiché questa corrisponde alle facoltà conoscitive del nostro intelletto.Nonostante questa frase fosse usata da Kant per discutere il tema del bello, penso che ciò abbia un utilizzo più esteso di quello che si crede: così come un quadro, un libro, un film, qualsiasi cosa venga percepita come “bello”, così percepisco il processo di conoscimento dell’altro come “bello”. Per questo motivo credo che siano proprio pochissime quelle persone che possiamo definire veramente amiche. 12831532-md-e1424793898740

Essendo questo tema molto complesso e travagliato spero che qualcuno possa illuminarmi con un’altra interpretazione delle radici dell’amicizia, questo immenso punto interrogativo che non sono ancora riuscito a trasformare in punto esclamativo. Punto esclamativo che vorrei potesse concludere la frase: «Finalmente ho la certezza di avere un amico!».

«[…] secondo un’etica, una morale dei valori»

Nella mia vita non cerco di applicare un codice etico, in realtà cerco di comportarmi secondo un’ etica, una morale dei valori che sento miei. Nella maggior parte delle occasioni si tende ad affermare che ogni persona “può” interpretare a proprio modo il contenuto di quest’etica; d’altro canto io sono convinto che alla base di ciò vi sia una radice comune a tutte le interpretazioni.

L’Etica (termine che deriva dal vocabolo greco che significa “condotta”, “carattere”, “consuetudine”) è generalmente considerata quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento umano, politico, giuridico o morale. In altri termini, essa ha come obiettivo la ricerca dei valori morali che determinano il comportamento dell’uomo.

L’ Etica si basa, secondo la mia interpretazione, su alcuni principi fondamentali:

  • il rispetto del mondo naturale, della vita e della persona umana con la sua dignità;
  • il rispetto delle idee altrui;
  • la tolleranza (non a tutti i costi, tollerare chi è tollerante);
  • l’accettazione dell’altro;
  • il dialogo aperto tra gli uomini;
  • la compassione, la solidarietà e la fratellanza tra tutti gli uomini;

Se l’Etica è un insieme di valori che caratterizzano l’individuo nel suo contesto sociale e storico, essa è soggetta ad un’evoluzione costante insieme al contesto sociale che la determina in un rapporto biunivoco. Non ha dunque senso chiedersi se sia l’Etica ad influenzare la Società o viceversa, in quanto quest’ultima è un sistema aperto e dinamico, soggetto dunque a costante evoluzione.

Concludendo, affermo che sento sempre più necessario vivere e condividere la mia vita con persone che siano compatibili a quanto esposto e che manifestino un atteggiamento ancor più attento e rigoroso a questi principi comunque universali, che non sempre vengono rispettati come si può ben capire dagli eventi degli ultimi anni, che hanno sconvolto tutti quanti.

Lettere vs SMS: non è più importante il contenuto?

Da circa vent’anni tutta la comunicazione è stata stravolta dal notevole progresso tecnologico che ha inevitabilmente influenzato la vita dell’uomo e assieme ad esso i rapporti interpersonali che lo coinvolgono. Per questo motivo oggi è abitudine utilizzare programmi di messaggistica istantanea per comunicare informazioni in modo immediato. Di conseguenza si perde la propria capacità e libertà espressiva, che consiste nel cogliere e utilizzare i termini che, con più verità e intensità, possono tradurre emozioni, sentimenti nascosti nei più profondi angoli del nostro subconscio. Così la scrittura è diventata semplice comunicazione immediata, cancellando quel fascino mistico della lettera che innestava nel destinatario speranze, sogni, curiosità durante l’attesa della risposta. In realtà, pensando che con la messaggistica istantanea la comunicazione tra le persone sia senza pathos, si afferma quindi che coloro che utilizzano quecoppia-anzianisto metodo non abbiano alcuna capacità di esprimersi in modo sensibile; è sempre così? Non sono presenti persone che nella propria gioventù per cause di forza maggiore fossero costrette a comunicare attraverso lettere e che ora utilizzano questi programmi di nuova generazione? «Comunicare» secondo il dizionario italiano il suo significato è essere in rapporto con qualcuno, condividere idee, sentimenti profondi. Più chiaro di così non poteva rendercelo noto il dizionario italiano: ciò che conta veramente è il contenuto, non il mezzo di comunicazione perciò se dopo vent’anni di progresso troviamo ancora coppie che si amano e riescono a stare insieme emozionandosi come un tempo, forse non è così male poter condividere i propri sentimenti in tempo ottimale. Certo rimane il fatto che un “vero amore” non può basarsi sull’amore virtuale, ma deve essere vissuto giorno dopo giorno, faccia a faccia.

Una piccola riflessione sulle mamme

Il tempo, inesorabilmente, svuoterà gli occhi dei miei figli, che ora traboccano di un amore poderoso e incontenibile. Toglierà dalle loro labbra il mio nome urlato, cantato, sillabato e pianto cento, mille volte al giorno. Cancellerà – un po’ alla volta oppure all’improvviso – la familiarità della loro pelle con la mia, la confidenza assoluta che ci rende praticamente un corpo solo. Con lo stesso odore, abituati a mescolare i nostri umori, lo spazio, l’aria da respirare. Subentreranno, a separarci per sempre, il pudore, il giudizio, la vergogna. La consapevolezza adulta delle nostre differenze. Come un fiume che scava l’arenaria, il tempo minerà la fiducia che mi rende ai loro occhi onnipotente. Capace di fermare il vento e calmare il mare. Riparare l’irreparabile, guarire l’insanabile, resuscitare dalla morte. Smetteranno di chiedermi aiuto, perché avranno smesso di credere che io possa in ogni caso salvarli. Smetteranno di imitarmi, perché non vorranno diventare troppo simili a me. Smetteranno di preferire la mia compagnia a quella di chiunque altro, e guai se questo non dovesse accadere. Sbiadiranno le passioni – la rabbia e la gelosia, l’amore e la paura. Si spegneranno gli echi delle risate e delle canzoni, le ninne nanne e i C’era una volta termineranno di risuonare nel buio. Con il tempo, i miei figli scopriranno che ho molti difetti, e, se sarò fortunata, ne perdoneranno qualcuno. Saggio e cinico, il tempo porterà con sé l’oblio. Dimenticheranno, anche se io non dimenticherò. Il solletico e gli inseguimenti (“Mamma, ti prendo io!”), i baci sulle palpebre e il pianto che immediato ammutolisce con un abbraccio. I viaggi e i giochi, le passeggiate e le febbri alte. I balli, le torte, le carezze mentre si addormentano piano. I miei figli dimenticheranno. Dimenticheranno che li ho allattati e cullati per ore, portati in fascia e tenuti per mano. Che li ho imboccati e consolati e sollevati dopo cento cadute. Dimenticheranno di aver dormito sul mio petto di giorno e di notte, che c’è stato un tempo in cui hanno avuto bisogno di me quanto dell’aria che respirano. Dimenticheranno, perché è questo che fanno i figli, perché è questo che il tempo pretende. E io, io, dovrò imparare a ricordare tutto anche per loro, con tenerezza e senza rimpianto. Gratuitamente. Purché il tempo, sornione e indifferente, sia gentile abbastanza con questa madre che non vuole dimenticare.

Fonte: http://unamammagreen.com/

Superluna avvistata!!

Ricordate la notte tra il 13 e il 14 Novembre? Eh sì.. gli astronomi consigliarono di stare con il naso all’insù per poterla contemplare. Ma sappiamo perché si è verificato tale fenomeno??
La Superluna si presenta quando la Luna piena si trova ad una distanza minima dalla Terra. L’effetto è l’aumento delle dimensioni apparenti della Luna. La parola superluna non è un termine astronomico, in quanto la definizione scientifica per il momento della massima vicinanza della Luna alla Terra è perigeo lunare. Vista l’influenza della Luna sulle maree oceaniche si credeva che in presenza di una superluna ci potesse essere un rischio maggiore di eventi come terremoti ed eruzioni vulcaniche. Tuttavia, secondo gli scienziati, solo le maree potrebbero essere leggermente più ampie rispetto alla norma, senza conseguenze evidenti.

Nel link qui sotto vi rimando ad una gallery di foto con soggetto appunto la superluna!!

http://www.focus.it/scienza/spazio/super-luna-un-assaggio-di-foto?gimg=15902&gpath=#img15902

«Capsula mundi»

Messi male con il latino?  Non c’è alcun problema vi spiego a cosa è stato assegnato questo nome. Si tratta di una proposta per il futuro per rendere meno macabri (mia libera interpretazione!!!) i luoghi in cui riposano i nostri cari! Basta tombe, lapidi e campo santo lasciamo spazio a delle Foreste Sacre!! Ecologiche, Impatto zero e forse sono l’impersonificazione del detto «polvere eravamo e polvere saremo».. Chissà se prenderà piede questa iniziativa, nel frattempo vi rimando alla pagina ufficiale della proposta nella quale si possono trovare le info più dettagliate!

Capsula Mundi Official Page